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Liberarsi dai modelli di perfezione: la chiave per riscoprire la propria unicità

Ci sono momenti nella vita in cui ci accorgiamo di aver inseguito per anni dei modelli che pensavamo dovessero renderci felici, ma che in realtà ci allontanano da ciò che siamo davvero. Questo percorso di ricerca del “perfezionamento” costante non fa altro che metterci in una posizione di continua insoddisfazione. La vera libertà arriva quando accettiamo finalmente la nostra imperfezione e, soprattutto, la nostra unicità.

Questa consapevolezza mi è arrivata in modo particolare dopo aver incontrato il lavoro di Mark Manson. Scrittore, blogger e imprenditore, Manson ha conquistato milioni di lettori nel mondo con il suo approccio diretto e provocatorio alla vita e al miglioramento personale. La sua popolarità è esplosa grazie a libri come La sottile arte di fare quello che c**o ti pare* e Siamo fottuti, ma forse c’è ancora una speranza, che hanno cambiato la percezione di come dovremmo vivere.

Quando ho iniziato a leggere i suoi libri, la sua visione mi ha colpita profondamente. In particolare, uno dei suoi concetti chiave, che mi ha fatto riflettere molto, è proprio la libertà di non cercare di essere qualcun altro.

Non provare

La frase che mi ha fatto fermare per un attimo è “Non provare”, il primo capitolo de La sottile arte di fare quello che c**o ti pare*. Inizialmente, mi sono sentita disorientata. Avevo sempre pensato che la lettura di un libro di auto-aiuto dovesse portarmi a diventare una persona migliore, più felice, più in salute. Eppure, questa frase sembrava quasi l’opposto di ciò che mi aspettavo. Eppure, ho continuato, e quella frase si è rivelata essere una delle più illuminanti del libro.

Nel capitolo, Mark Manson ci parla di Charles Bukowski, un uomo che, pur essendo tutto tranne che un modello di virtù, è riuscito a trovare il suo posto nel mondo grazie alla sua unicità. Bukowski non cercava di diventare qualcun altro. Non cercava di aderire a un modello di perfezione o successo prestabilito. La sua grandezza non risiedeva nella sua capacità di superare le difficoltà o diventare un uomo di successo, ma nella sua onestà totale con se stesso. La sua vita e la sua opera sono il risultato di un’imperfezione accettata, una consapevolezza di essere, semplicemente, quello che era.

Il mito del successo

Il problema che ci viene imposto oggi, specialmente attraverso i social media, è un modello di vita irrealisticamente positivo: “sii sempre felice”, “sii più in forma”, “sii migliore degli altri”. Ma tutto questo non fa altro che alimentare la nostra insoddisfazione, mettendo in evidenza quello che non siamo e quello che non abbiamo. La continua ricerca della perfezione e del miglioramento spesso ci allontana dal nostro vero io, costringendoci a conformarci a degli standard che non ci appartengono.

Questo è un concetto che Manson esplora a fondo: la cultura moderna ci dice di essere sempre più, di migliorare, di ottenere, ma non ci incoraggia ad accettare ciò che siamo realmente. Le immagini perfette che vediamo ogni giorno su Instagram, le storie di successo che ci vengono vendute come “sogni realizzati”, ci fanno sentire incompleti. Eppure, non c’è felicità nell’inseguire costantemente un ideale irraggiungibile. Piuttosto, la vera felicità e la libertà derivano dall’accettazione delle nostre imperfezioni, dai nostri difetti, dalle nostre fragilità.

Risvegliarsi e riscoprire se stessi

Personalmente, il messaggio che Manson trasmette mi ha dato una nuova prospettiva. Mi ha aiutata a liberarmi dai modelli di perfezione che mi ero imposta senza neanche rendermene conto. Un esempio concreto? Il mio amore per lo yoga. Mi sono sempre sentita obbligata a praticarlo, convinta che fosse “la cosa giusta da fare” per mantenere il corpo sano e la mente calma. Eppure, quel giorno, dopo aver letto le parole di Manson, ho guardato il mio tappetino e mi sono detta: “Io odio lo yoga”. In quel momento, ho capito che stavo facendo qualcosa che non mi rappresentava, solo per seguire una moda o aderire a un modello di vita che non era il mio.

Non sto dicendo che l’auto-miglioramento sia qualcosa di sbagliato, anzi. Ma è importante che sia un miglioramento autentico, che nasca da ciò che siamo realmente e non da quello che ci viene imposto dall’esterno. Non dobbiamo sentirci obbligati a fare qualcosa solo perché è considerato “giusto” o “perfetto”. Dobbiamo imparare a fare quello che ci rende felici, ciò che rispecchia la nostra essenza.

La vera liberazione

La vera liberazione arriva quando smettiamo di cercare di essere qualcun altro e cominciamo a concentrarci su chi siamo veramente. Quando smettiamo di seguire un modello che non ci appartiene e iniziamo a fare ciò che ci rende felici, senza preoccuparci del giudizio degli altri. La felicità non risiede nel “migliorarsi” continuamente, ma nell’accettare noi stessi, nella nostra totalità, imperfezioni incluse.

Se ti sei mai sentito/a intrappolato/a in una vita che non senti tua, forse è il momento di fermarti e riflettere. Quello che ti manca non è il miglioramento estremo, ma la consapevolezza di ciò che già sei, nella tua unicità. E forse, come me, ti renderai conto che la vera felicità arriva nel momento in cui smetti di provare a essere qualcun altro e inizi ad accogliere la tua autenticità.

In questo percorso di riscoperta, è fondamentale essere gentili con noi stessi, permetterci di sbagliare, di non essere perfetti, e di vivere una vita che rispecchi davvero chi siamo. Perché la libertà più grande che possiamo concederci è quella di essere finalmente noi stessi.

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Founder del blog Ricominciare Paris

Con il mio progetto aiuto i viaggiatori ad abbracciare l’identità parigina e intregrarsi il più possibile superando le sfide quotidiane.

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